Storia del Comune di Mairano

MORFOLOGIA - TOPONOMASTICA

 

Borgata a sud-ovest di Brescia, 1 Km. circa ad ovest della strada provinciale Brescia Quinzano Cremona, a Km. 16.9 dalla città, a 96 m. sul livello del mare. Ha una superficie comunale di 11.34 Kmq. E' lambita a est dalla Seriola Molina. Comprende la frazione Pievedizio a nord. Le cascine rilevanti sono Babbiò, Canino, Feniletto, Godi (i Gucc), S. Francesco, Tesette.

In dialetto suona Mairà, in latino Mairanus. Il nome attuale Mairano appare nel XII secolo; ma il 'Liber Potheris' reca ancora la dizione Mairana.
Secondo qualcuno il nome deriva dalla voce prelatina 'mara' o 'marra', che indica un terreno paludoso; altri fa rilevare il tema 'ai', di origine celtico-gallica, che significherebbe acqua in gran quantità.

L'Olivieri invece lo fa derivare dal nome personale romano 'Maiorius', donde poi Maiorianus e Mairano. Secondo il Tozzi potrebbe derivare invece da un 'Marius' (nome che ricorre in due epigrafi), donde Marianus che è il primo nome ufficiale che appare in un documento del X secolo (inventario dei beni del Monastero di S. Giulia a Flero: anni 905-906 col. 714)
Comunque il nome indicherebbe il 'fundus' o latifondo di un ricco signore di nome Marius. E', del resto, quanto si verifica per altre località della zona (come Pompiano, Comezzano, ecc.).

Gli abitanti si chiamano Mairanesi. Erano 

450 nel 1540
730 nel 1573
700 nel 1580
450 nel 1601
690 nel 1609 (di cui 225 utili e 118 fam.)
600 nel 1665
550 nel 1672
590 nel 1699
583 nel 1703
603 nel 17I4
560 nel 1715
648 nel 1728
600 nel 1729
654 nel 1741
672 nel 1742
650 nel 1754
640 nel 1767
661 nel 1813
986 nel 1873
1090 nel 1881 (1519 con Pievedizio)
1300 nel 1921 (2200 con Pievedizio)
1987 nel 1951 (2697 con Pievedizio)
1514 nel 1961 (2214 con Pievedizio)
1382 nel 1971 (2032 con Pievedizio)
1309 nel 1981 (1991 con Pievedizio)
1250 nel 1983 (1997 con Pievedizio)
Al 31 dicembre 1989 gli abitanti del territorio comunale erano 2017, di cui 1386 a Mairano e 631 a Pievedizio 

 

IL PAESE DI MAIRANO

Il territorio fu abitato da popolazioni preistoriche ancor prima del 2000 a.C.. Nei Musei di Brescia si conserva infatti un'ascia in pietra verde levigata, proveniente da Mairano e che indica l'esistenza di popolazioni preistoriche dedite alla caccia e anche alla pesca, data l'esistenza di vaste zone paludose, come indicano anche i nomi di cascine (fra cui Godi, in dialetto "Gucc", per indicare i guadi delle numerose rogge) e il nome primitivo stesso di S. Maria di Guto, titolo primitivo della pieve di Pievedizio, nomi derivanti dal vastissimo 'vadom' che si estendeva da Lograto ad Azzano e comprendeva le lame (= paludi) che hanno dato il nome al santuario di S. Maria delle Lame (o della Lama).

La parte più fertile del territorio, ma anche quella paludosa, venne interessata dalla vasta centuriazione romana, cioè dalla divisione di terre date in premio ai legionari romani. Secondo gli studiosi più accreditati, da Mairano a Scarpizzolo passava il trentesimo decumano della centuriazione stessa. Ciò avallerebbe anche l'esistenza di un 'fundus' di un certo Maiorius o Marius, nome quest'ultimo che ricorre in alcune epigrafi bresciane, fra le quali una trovata a Bagnolo Mella. Il suffisso "ano" indicherebbe esso stesso l'esistenza di un fondo agrario particolarmente rilevabile per l'incrocio in luogo dei "limites", ossia i confini della centuriazione.

Di rilievo sono i ritrovamenti archeologici di epoca romana. Nel 1828 veniva donata al Museo Romano un frammento di lapide dedicatoria a "Caius Caesar divi filius pontifex consul imperatorx" trovato a Pievedizio: I'iscrizione è dedicata a Ottaviano ed è databile tra l'assunzione del consolato (43 a. C.) e l'adozione del titolo di imperatore (40 a. C.). Nel 1882, in un'ortaglia del conte Calini, emergeva una mano votiva (h. 0.12 x 0.75) di Giove Sabazio in bronzo, decorata da simboli di animali vari. Il 30 aprile 1883, a Vallabio, in una proprietà del conte G. B. Maffoni, vennero alla luce alcuni vasi cinerari e monete, che furono poi donati al Museo Romano. Infine, nel 1945 venivano collocati nel parco di palazzo Calini alcuni interessanti pezzi, fra i quali uno con la figura di Attis, racchiusa entro una nicchia centinata.

Vi possedette beni il Monastero di S. Giulia, individuati da studiosi fra i quali il Pasquali in quella "Curte Mariano" che compare in un documento del 905?906, con due case, tre caminate (con questo nome si indicava nell'alto medioevo la casa/abitazione dotata di camino per il fuoco), 150 moggi di terra arabile, vigna, selva per l'allevamento di 100 porci, un mulino. I prebendari erano nove. Lo stesso documento cita anche una 'curte Gutus', ma gli studiosi più recenti vi vedono più Goito mantovano, che i Godi di Bagnolo o di Pievedizio.

Il 12 aprile 1059 il prete Ingezone di Pieve Terzani (Cremona) lascia, tra gli altri, alcuni beni nel territorio di Corticelle e di Mairano al Monastero di Leno. Vi si accenna al castello di Mairano.Rappotti intercorrono fra Mairano e i Monasteri dei SS. Cosma e Damiano e di S. Chiara. Presenti anche i monaci cluniacensi, come attestano l'esistenza nel territorio del culto di S. Martino e di S. Antonio Abate e il nome della roggia Benedettina (oggi chiamata "Bellettina"). Furono questi monasteri che continuarono, come indica l'esistenza della roggia Benedettina, l' opera di bonifica già iniziata in epoca romana. Bonifica che fu poi continuata dai Chizzola, dai Calini, dai Nigolini, dagli Stella, dai Confalonieri e da altri; sarà portata a compimento però soltanto negli anni 1920-21 con l'intervento dei Ministeri dei Lavori Pubblici e dell'Agricoltura che fecero eseguire nella zona dei comuni di Azzano Mella, Torbole Casaglio, Lograto, Mairano e Maclodio opere poderose e definitive.

Come aveva fatto parte di un vasto pago, il territorio mairanese entrò a far parte della Pieve d'Izio. Forse, come opina il Guerrini, il nome deriva da quello che fu per eccellenza il simbolo cristiano: il pesce, di cui dovevano essere ricche le acque sorgive e stagnanti della zona. La parola 'pesce', in greco, la più antica lingua ufficiale della Chiesa, è 'ictus' e le cinque lettere sono le iniziali delle parole (sempre in greco) "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore", frase the è un'autentica professione di fede; ecco spiegato il perchè della diffusione di questo simbolo anche ai nostri giorni. L'ipotesi, suggestiva ma solo fantastica, immaginerebbe il simbolo del pesce scolpito o dipinto sulla facciata o sul portale della chiesa, l'italianizzazione nel nome (Plebs de ictio, Pieve d'iczio, Pieve d'Izio, e finalmente Pievedizio) e perfino il perchè della dedica della prima chiesa mairanese a S. Andrea Apostolo, il pescatore di Galilea diventato patrono dei pescatori. In realtà gli studiosi di toponomastica, pur nella perplessità, propendono ormai tutti per una interpretazione di composizione con un nome di luogo o di persona, quale un Oditius o un Iccius.

Il 9 settembre 1148, sostando nel Monastero di Leno, Papa Eugenio III con la bolla "Aequitatis" confermava al Capitolo della Cattedrale, assieme a molte altre, la cappella di S. Andrea Apostolo in Mairano ("in Mairano Cappellam Sancti Andrae Apostoli"), già assegnata dal suo antecessore Papa Onorio.
Il 10 agosto 1175 Papa Alessandro III, confermava con un'altra bolla, scritta da Ferentino ai canonici della Cattedrale di Brescia, il rapporto tra la cappella di S. Andrea in Mairano e il Capitolo stesso della Cattedrale.
Subito dopo, però, lo stesso Papa Alessandro III, con la bolla datata da Venezia (Rialto) il 2 agosto 1177 e indirizzata a Rufo, arciprete di Azzano, toglieva al

Priore cluniacense di Provaglio d'Iseo, che aveva seguito l'imperatore Federico Barbarossa nella lotta contro la Chiesa Romana e i Comuni lombardi ad essa alleati, tutti i diritti che erano stati concessi sulla chiesa di S. Maria di Pievedizio, restituendoli alla Pieve di S. Pietro di Azzano, matrice della cappella di S. Andrea di Mairano, che divenne poi parrocchia autonoma intorno al secolo XV. Nella bolla vengono citate la chiesa di S. Geraldo "in castro Ma(i)rani", la cappella dei SS. Gervasio e Protasio, la cappella di S. Andrea e inoltre la cappella di S. Martino de Guto e quella di S. Maria "de Piuvidicis". Senonchè la cappella di S. Andrea si trova ancora confermata al Capitolo della Cattedrale dalla bolla di Papa Urbano III, da Verona, del 10 dicembre 1186. Questa cappella di S. Andrea, contesa in seguito tra la Pieve di Azzano e il Capitolo, verrà poi assegnata alla prima col canone annuo di un denaro e di una candela ai canonici.

Il Guerrini suppone che il trasferimento del centro pievatico sia stato imposto dalla natura paludosa e malsana del territorio di Pievedizio, poi bonificato, specialmente dai monaci cluniacensi.Il paese vero e proprio si formò poi intorno ad un castello, che, in dimensioni ridotte (m. 70 x 10), sorgeva al centro del paese, a sud dell'attuale piazza. In alcuni documenti si accenna anche a una cinta muraria, poi completamente distrutta. La borgata andò assumendo sempre più importanza, come indicano i numerosi personaggi mairanesi che compaiono nel Liber Potheris Brixiae e in altri documenti fino al sec. XII. Nel 1173 Trento da Mairano era uno dei sette consoli di Brescia, lodati per aver riportato giustizia, progresso, concordia e per aver istituito il Mercato Nuovo. Nel 1180 è ricordato Trucaro da Mairano, nel 1184 Presbiter è consule di giustizia del Comune di Brescia; nel 1191 si menziona Proteceslao, nel 1200 Graziadio, nel 1198 Lanfranco q. Trento (teste in un atto siglato a Castelcaleppio). Tra i numerosi Mairanesi presenti in città, sono da citare: nel 1219 Egidio, Protenzolo e Retemundo, presenti nella determinaizone dei confini di Volpino; ancora Protenzolo, console della giustizia a Brescia; Benvenuto, che nel 1227 è uno dei nove eletti per un'inchiesta sui beni comunali occupati abusivamente in città nelle Chiusure e sul monte Denno; nel 1238 Alberto, che è console di Brescia durante l'assedio di Federico II e con fra Alberico da Gambara ideatore del piano regolatore di Brescia; nel 1292 Pietro e Federico, che sono sapienti nel Consiglio dei Cento, convocati contro i "malesardi"; e altri ancora.

L'estimo di Gian Galeazzo Visconti registra Mairano nella "Quadra de Capriano cum Mayrano" ed è, dopo Castelmella, tra i comuini di maggiore estimo. Nel 1406-1409 hanno beni in Mairano Bartolomeo Prandoni, Crescimbene q. Zuchino (o Zucho), Giovannino Fisogni, gli eredi di Marco Peschiera e Venturino de Suarre (o Luarre), obbligati in quanto, nobili a versare tributi alla signoria di Pandolfo Malatesta.
Sotto i Malatesta, Mairano diviene centro di una Quadra comprendente Flero (con Contegnaga), S. Zeno Naviglio, Brandico, Ognato, Pievedizio, Frontignano, Barbariga, Longhena, Bargnano, Castelgonelle, Castelmella, Onsato, Verziano. Capoquadra rimase poi anche sotto la Repubblica Veneta. Fra i nobili rurali che compaiono in Mairano negli estimi dal 1426 al 1498, si registrano Giovanni, Sala, Pietro e Cristoforo de Varentonibus, Giovanni Antonio q. Belanda, Battista e fratelli Beduschi, Bertazzolo e Antonio Girelli, Antonio q. de Brixianis, Maffeo Anderboni. Rilevanti beni possiede nel secolo XV Giorgio Feroldi q. Giacomo q. Giorgio.Ne1 1438, durante l'assedio del Piccinino a Brescia, si distingue Cabrino Girelli da Mairano "bombarder", che nel giorno di S. Lucia uccise al Ravarotto ben 19 nemici (in quel giorno glorioso per Brescia, furono lui e i suoi compagni a spaventare e mettere in fuga il Piccinino e non i SS. Faustino e Giovita, miracolosamente apparsi solo nelle scuse del capo delle sconfitte truppe viscontee, che se ne fuggì dicendo di essere venuto a combattere con gli uomini e non con i Santi. Le sue alte benemerenze furono sempre riconosciute e ricompensate dal Comune di Brescia, che gli assegnò la nobiltà e addirittura un sussidio straordinario in vecchiaia.La Repubblica Veneta poi, confermando l'importanza assunta da Mairano, lo costituiva centro di un Vicariato. Come vicario veniva inviato un nobile della città di Brescia, il quale durava in carica per due anni. Il Vicariato si chiamò poi Quadra.
Tra i momenti più difficili della storia di Mairano, sono da segnalare quelli vissuti nell'ottobre del 1453, quando, alla notizia delle stragi compiute dalle truppe francesi a Pontevico, Mairano consegnò spontaneamente il suo castello a Francesco Sforza. Qualche mese dopo, la Quadra di Mairano otteneva dalla Repubblica di potersi governare da sé; ma non poté impedire nel 1473 che venissero staccati Flero e S. Zeno Naviglio, che furono inclusi nella Quadra di Bagnolo Mella. Ciò fu dovuto, forse, ad uno spiccato spirito di indipendenza dei Mairanesi, che alla fine del '400 trascinarono, per questioni particolari, la città davanti ai tribunali di Venezia.

Già almeno dal secolo XIV possedevano beni a Mairano i Chizzola di Erbusco, che agli inizi del sec. XVII, con Ferdinando (nato nel 1605) comperarono da Lucio Feroldi una casa. Nel 1687, oltre alla casa, i Chizzola possedevano anche 461 piò di terra. Verso la metà del '700 la casa e parte dei beni vennero acquistati dal conte Diogene Valotti. Questa casa, passata attraverso il matrimonio al nobile Lelio Valotti, fu poi venduta nel 1926 ai Tinti. La presenza nobiliare che si è maggiormente protratta nel tempo è quella dei conti Calini, che si è estinta agli inizi degli anni 1980 con la morte della contessina Camilla, la quale ha disperso in una serie di lasciti privati il patrimonio familiare, senza curarsi di lasciare un'istituzione o un'iniziativa che permettessero di fissare un ricordo duraturo della sua famiglia e del suo nome. Altra famiglia nobiliare presente almeno fin dal sec. XV è quella dei Feroldi, che vi ebbero proprietà e un palazzo al quale accennava già nel 1517 Giorgio Feroldi, scrivendo di un "casezato" (nel quale Fausto Lechi individua ancora l'attuale casa Tinti), a cui facevano capo 225 piò di terra. Ad una casa padronale non ancora finita si riferiva nel 1588 un altro Giorgio Feroldi. La casa e le proprietà passarono poi al figlio Lucio e da questi a Vincenzo, con il quale i Feroldi scomparvero da Mairano. Il "catastico bresciano" di G. da Lezze (1609 - 1610) ricorda altri nomi nobiliari: Merlini, Prandoni, Borgondii, Peschera e cita anche i nomi dei contadini principali dell'epoca: Penzandelli, Marizoni, Caiodi, Antonelli, Bernardi, asserendo che a Mairano c'erano "1563 piò di buon terreno, di cui i migliori valgono 400 £. e producono 2 some di frumento al piò", con ottima produzione di pane, vino, legna e lino, con grano e vino superiori al fabbisogno.

Sulla fine del sec. XVII vennero creati i Monti delle Biade. In sostanza Mairano visse da vicino le vicende militari, politiche ed economiche della Repubblica Veneta e, come quasi tutto il territorio bresciano, venne infestato, specie nei secoli XVI-XVII da malfattori e banditi. Un Gerolamo Bons di Mairano (secondo gli altri però è di Brescia), acceso giacobino, all'arrivo degli Austro-Russi nel 1799, venne imprigionato e trasferito in Dalmazia.
Durante il dominio napoleonico venne costruito il nuovo cimitero, benedetto il 10 febbraio 1811 e poi ampliato nel 1853. Nel 1815 Mairano assorbiva anche il Comune di Pievedizio e, poco dopo, entrava a far parte del distretto di Bagnolo Mella. Il 24 marzo 1848 un grosso contingente di truppe austriache in ritirata si acquartierò tra Mairano e Brandico.

Con delibera del Consiglio Provinciale del 23 aprile 1884, veniva staccata da Mairano e aggregata al Comune di Lograto la cascina Vallabiò. Verso la fine dell' "800" Mairano visse anni difficili e di grande povertà: la popolazione fu provata dalla fame e dalla pellagra. In soccorso dei pellagrosi, nel 1897 venne aperta una cucina economica, che ospitò in un solo anno 32 pellagrosi.

Una certa ripresa si registrò nel primo dopoguerra. Nel I920, infatti, venne dato il via alla sistemazione del centro, che culminò nel 1933-1934 con il restauro della sede municipale, su progetto dell'arch. Guerrini. Lo stesso architetto negli anni venti rinnovava il cimitero. Nel frattempo, con R. D. del 18 ottobre 1927, erano stati aggregati a Mairano i comuni di Brandico e di Longhena; il primo si distaccherà poi nel 1946, il secondo nel 1948. Nel 1931, ancora su progetto dell'arch. Vincenzo Guerrini, veniva restaurata la facciata della chiesa parrocchiale, completata con una scalinata e il basamento in pietra e coronata di un nuovo attico, contemporaneamente alla costruzione della nuova canonica a lato della chiesa.
Nel secondo dopoguerra veniva coperto il vaso Gattinardo e costruito un vasto edificio scolastico. Nel 1988 venne avviato il recupero del centro con la ricostruzione completa del municipio (inaugurato nel 1990) e la messa in programma di una serie notevole di opere pubbliche, la cui ultimazione è prevista nei prossimi anni.

Mairano è presente nello sport calcistico provinciale con la U. S. Mairano, che nel 1976 si era fusa con la Trenzanese, formando la "Tre-Mairano", unione non durata però a lungo. Nel 1983, infatti, si è ricostituita l'U.S. Mairano che nel 1990 militava nel campionato provinciale di seconda categoria. Una proficua collaborazione tra Comune e Parrocchia aveva creato nel 1981 il "Palio delle contrade" e "L'Autunno Mairanese", manifestazioni ottimamente riuscite fino al 1985, poi azzoppate da eccessi di campanilismo e di polemiche a sfondo politico, che si sta cercando di rivitalizzare e rilanciare.

 

LA PARROCCHIA DI MAIRANO

Ecclesiasticamente, il territorio mairanese fece dapprima parte della Pieve d'Izio, oggi Pievedizio. Forse per l'impraticabilità del terreno, dovuta alle paludi e alle lame, nei secoli IX-X Mairano e Pievedizio stesso passarono con Capriano nell'ambito della Pieve di S. Pietro di Azzano, alla quale Papa Alessandro III riconfermava, con bolla del 10 agosto 1175, fra i vari possedimenti, anche la chiesa di S. Geraldo "in castro Ma(i)rani", oltre le cappelle di S. Andrea e dei SS. Gervasio e Protasio a Mairano e quelle di S. Martino de Guto e di S. Maria a Pievedizio. 

Ultima modifica: Mer, 14/10/2015 - 09:46